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Cosa spinge una studentessa toscana a vivere un anno scolastico in Corea del Sud? Rebecca lo spiega ad un giornale locale e condivide con noi il suo articolo. Eccolo: Rebecca Borracci viene da Grassina, in provincia di Firenze. Intorno a sé ha la campagna toscana con i filari di vigne e i campi di olivi, panorami rurali e colori bellissimi d’autunno. Adesso dalla finestra della sua stanza coreana può vedere montagne e palazzi altissimi. Ovunque. Daegu è la quarta città più grande della Corea del Sud dopo Seoul, Pusan e Incheon. Circondata da montagne, è una metropoli nel mondo asiatico diventata per un anno la nuova casa di Rebecca.
Ad appena diciassette anni è volata da sola fin laggiù, con un bagaglio carico di emozioni oltre che di aspettative, per trascorrere il suo anno da Exchange Student, ovvero la possibilità che viene data a uno studente che voglia trascorrere un periodo in una scuola all’estero.
Una scelta non comune la sua, che ci spiega con estrema semplicità: “Sono stata promossa in quarta superiore della scuola Alberghiera all’Istituto Buontalenti di Firenze, ma lo scorso agosto sono partita per fare un anno all’estero. Ho maturato questa decisione seguendo l’esempio di mia sorella maggiore. Lei il suo anno da Exchange Student lo fece in Giappone".
"Io - continua - ho iniziato un paio di anni fa a cercare un’associazione che avesse contatti con la Corea del Sud e ho trovato Mondo Insieme. Ho scelto questo Paese perché mi sono appassionata a quella che è la loro cultura tradizionale come gli Hanbok (i vestiti tipici), ma anche come la moderna k-pop (musica pop) e i k-drama (le serie tv)".
“Anche se la vita qui è fantastica e sembra di essere a casa - continua - ammetto che mi manca tantissimo il panorama fiorentino. Parlo solitamente sia in coreano che in inglese, perché per ora non sono poi così brava nella loro lingua, ma rispetto a quando sono arrivata va molto meglio. Questo mi permette di avere più relazioni e tutto è un po’ più semplice”.
Una esperienza importante, coraggiosa e assolutamente formativa: “Frequento una scuola cattolica e femminile, la mia giornata è faticosa, anche se le mie compagne di classe sono molto carine con me. E anche i professori. Indossiamo la divisa, ogni scuola ha la sua".
"A scuola - racconta ancora - i primi minuti sono dedicati alle comunicazioni e alla benedizione, poi siccome i bidelli in Corea non esistono (c’è solo il guardiano che si occupa di aprirla e chiuderla), dobbiamo pulirla noi. Io ho il compito di lavare la lavagna e la cattedra. Le prime due ore di lezione le passo con l’altra Exchange Student in biblioteca per studiare la lingua".
"La scuola - ci spiega ancora - finisce a metà pomeriggio, ma il giovedì e il venerdì dopo pranzo vado al corso di lingua. In Corea gli studenti hanno anche l’after school fino alla sera, ma io essendo un’Exchange Student non sono obbligata a frequentarlo; quindi torno a casa o vado in centro con le amiche. Il fine settimana è l’occasione per visitare templi ed altre attrazioni turistiche o passarlo semplicemente in famiglia”.
Una diversità scolastica sostanziale? “Le differenze tra il sistema scolastico coreano e italiano sono tante, gli studenti qui studiano moltissimo perché ambiscono ad uscire con ottimi voti e poter quindi frequentare prestigiose università, garantendosi così un ottimo lavoro. In Corea esistono le accademie e sono luoghi dove gli studenti vanno per approfondire lo studio, ripetizioni o per fare attività di cucina o di fotografia, allargando così le loro conoscenze. A scuola gli insegnanti non interrogano, ma vengono fatti test ogni mese e gli studenti devono presentare un argomento a loro piacere, riguardante ovviamente il programma annuale di ogni materia”.
La vita di una metropoli è frenetica: “Siamo circondati dai negozi - ci dice Rebecca - convenience store aperti 24 ore su 24 dove si può trovare qualsiasi cosa, ristoranti dove con 7.000 won (circa 5,50 euro) si può mangiare un pasto completo. I prezzi in generale non sono poi così alti. Anche i mezzi di trasporto sono puliti ed economici oltre che comodi e puntuali”.
Gli occidentali in certi luoghi suscitano ancora curiosità? “Nella capitale ormai ci sono abituati e quasi ti ignorano, ma in città come Daegu siamo osservati con curiosità. A me è capitato di essere avvicinata da alcune persone, mentre aspettavo la metro, che mi hanno chiesto da dove venissi e se fossi un’insegnante d’inglese”.
Una realtà di vita completamente diversa, un’esperienza altamente formativa e determinante per il futuro.
Le chiediamo se farà parte anche lei di quella generazione in fuga con valigia sempre pronta alla mano: “Sì nel futuro mi vedo all’estero, chissà però non è detto che debba vivere per forza in Corea del Sud. Mi piacerebbe girare un po’ tutto il mondo e, vista la mia curiosità su ogni dessert tipico dei vari paesi, mi piacerebbe proseguire gli studi diventando una pasticcera”.
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